Chiara De Lucia analizza i problemi legati al D.M. 16 gennaio 2017 sui contratti di locazione agevolata e spiega la denuncia dei privilegi delle caste professionali da parte degli agenti immobiliari scandiccesi e non solo.
È dal 2011 che la rendita da locazione è al centro delle sperimentazioni della Cosa Pubblica a vari livelli in quanto produce gettiti immediati tanto locali (IMU) quanto nazionali. Non che la legge ormai “primitiva” del 98 non debba essere rivista, ma necessita di un approccio troppo serio per essere affrontata. È un argomento che scotta perché se fosse riconosciuta la differenza fra proprietari e proprietari saremmo in presenza di una piccola patrimoniale – e in Italia, si sa, nulla fa più paura di una patrimoniale!
Anzi i provvedimenti presi sono andati tutti verso la detassazione e lo svuotamento dell’Irpef. L’introduzione della cedolare secca aveva infatti il compito di avvantaggiare le categorie più abbienti e i multiproprierietari introducendo una tassa incostituzionale in quanto appunto secca (non progressiva) anche in presenza di redditi completamente diversi.
La filosofia era autocertificazione e pochi controlli. Poi i Comuni si sono scoperti esattori e per “creare liquidità” hanno iniziato ad occuparsi delle agevolazioni fiscali concesse. E sono iniziate mille contestazioni basate sulle “prassi e rendite precedenti”. Di qui la necessità di maggiore trasparenza e di un’indicazione da parte dei Comuni. Il concetto è: “se quanto paghi è nella mia ‘fascia di valutazione’ il controllo presumibilmente non ci sarà, ma se stai sotto dovrai occuparti di giustificarti con me”.
Un semplice software avrebbe potuto aiutare e controllare contemporaneamente. Ma evidentemente si è preferito continuare a “indirizzare il mercato” di alcune professioni o categorie penalizzandone altre. È stata creata una vidimazione da parte o delle Associazioni di Categoria o di alcuni soggetti “abilitati”. Senza questa vidimazione non si può accedere alle agevolazioni fiscali sui concordati. Diventa una conditio sine qua non.
Perché gli agenti immobiliari non sono autosufficienti? Perché un agente immobiliare dovrebbe farsi vidimare il lavoro da un altro professionista? Dove è il rispetto per la professione, per il lavoro e anche per l’economia di chi fa ogni giorno il suo lavoro al meglio delle proprie capacità?
Di qui l’appello mio e di altri agenti immobiliari di Scandicci per poter includere la propria categoria tanto nei ricorsi con le Amministrazioni Pubbliche (anche lì sono legittimate poche figure professionali) quanto all’interno del DM 16 gennaio 2017.
È poi assurdo che in un momento di disagio abitativo si vada a complicare l’iter di quei contratti che, o per convenienza o per sensibilità, vanno incontro a cifre più accessibili e quindi alle persone e alle famiglie che devono risparmiare quanto necessario per una vita dignitosa.
Prima di entrare nel merito del DM 16 gennaio 2017 mi permetto una piccola digressione sullo strumento dell’autocerticazione: L’autocertificazione è diventata ormai una mania. Nell’era in cui tutto potrebbe essere “monitorato” semplicemente con un codice fiscale ci si affanna a complicare la vita al contribuente e gli si affida sempre più spesso l’onore di sbagliare.
Le Amministrazioni Pubbliche sanno benissimo che è necessario rivedere alcuni processi ma sono così sotto scacco – vuoi i costi dell’operazione, vuoi la contrattazione costante con gli uffici, vuoi alcuni sistemi di interesse in gioco, vuoi il malcontento di alcuni – da occuparsi più della propria sopravvivenza che del senso del proprio mandato. I cittadini chiedono principalmente soluzioni e invece qual è la strategia? “L’Autocertificazione”: praticamente rendere il cittadino controllore di se stesso e quindi con la possibilità di sbagliare. Così, se non altro, si aumenta la probabilità che le casse vengano rimpinguate.
Ritengo sia quasi un approccio “da sirena”. All’apparenza sembra più “giusto” che ognuno sia responsabile di ciò che fa ma è solo un modo per deresponsabilizzare chi invece dovrebbe lavorare a risolvere e prevedere questioni. È quasi vessatorio, a mio personale avviso!
Il collega Valerio Bencini già quattro anni fa ha parlato di questo argomento. il Comune dovrebbe fornire un sistema diverso, “conosciuto e riconoscibile”, per consentire al cittadino di approfondire e usare il più possibile le risorse pubbliche. È stato riconosciuto un argomento degno di interesse tanto da essere stato applicato almeno al calcolo di tassazione sul valore di trasformazione dei terreni. Abbiamo quindi pensato che nella logica di snellire il meccanismo il Comune avrebbe potuto fornire dei sistemi di calcolo o di verifica. Abbiamo poi chiesto ripetutamente, senza ricevere risposte, che fosse ampliato il numero dei professionisti che potevano presentare un eventuale ricorso al comune. Se il contribuente ha già pagato per farsi assistere non può ripagare ancora perché chi dovrebbe rispondere del suo lavoro non è in un elenco!
Abbiamo quindi parlato con l’attuale vicesindaco in particolare dei canoni concordati, del loro calcolo, del loro senso, del loro controllo, e abbiamo chiesto di essere convocati ai tavoli a tutti i livelli di discussione (politica o associativa). Ma nulla: naturalmente non è accaduto. Nel mentre, infatti, abbiamo poi scoperto che era già stato fatto tutto perché i Nuovi Accordi Territoriali erano stati già approvati, con modifiche non proprio lievi e, almeno a tratti, anche contestabili. Abbiamo inoltre scoperto che è stato creato un meccanismo ancora più folle della autocertificazione…
E qui entriamo nel merito del DM 16 gennaio 2017. La vidimazione da parte di un soggetto preposto… e oltre al danno, la beffa… perché l’elenco dei professionisti non solo non si allarga, ma addirittura si riduce alle Associazioni firmatarie dell’Accordo e a qualche studio legale. Tutto questo è assurdo. Senza questo timbro non valgono le agevolazioni fiscali per i contratti agevolati.
Faccio l’agente immobiliare con serietà. Ho sempre cercato di seguire le locazioni con scrupolo e non riesco proprio concettualmente a capire perché non posso essere “responsabile” del mio lavoro e soprattutto perché necessito anche io che esercito la mia professione di una “legittimazione”. Per legiferare con criterio serve originalità e efficienza non ulteriori gravami.
Un semplice esempio. Essendo stato introdotto ormai dal 2011 l’Attestato di Prestazione Energetica a responsabilità dei tecnici (geometri, ingegneri, architetti) si sarebbe potuta inserire la base per il calcolo senza pesare ulteriormente sulle tasche del cittadino/contribuente. Evidentemente era più comodo far girare un certo tipo di economia piuttosto che occuparsi dell’interesse pubblico. Si torna sempre lì: o è malafede o è incompetenza, comunque è intollerabile che la politica svenda così il suo ruolo, abdichi e scelga l’omissione.
Che poi con queste locazioni e detassazioni succede di tutto. Per esempio che si avvantaggia troppo chi non ne ha bisogno a causa dell’istituto della cedolare secca che ritengo abominevole (per approfondire), così come ritengo grave che una volta accertata l’evasione e la mancanza dei requisiti non ci sia il passaggio di consegne all’Agenzia delle Entrate di Roma o comunque nazionale per due motivi:
- Se uno è furbo non chiede agevolazioni comunali, come se fosse contratto libero paga il massimo e “evade sul nazionale”
- Le risorse recuperate dall’evasione sono svincolate quindi dovrebbe essere considerate un’opportunità non un qualcosa che può far perdere consenso.
Chiara De Lucia
Agente immobiliare e consigliere del Comune di Scandicci