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La REALPOLITIK che mancava

Ultimo aggiornamento: 28 Luglio 2020 by Redazione

La REALPOLITIK che mancava

Al via una nuova stagione del TEATRINO della politica locale e nazionale in vista dei prossimi appuntamenti elettorali previsti per settembre.
Da notare la “particolarmente infelice” scelta della data sia per il motivo serissimo di dover chiudere le scuole ad una settimana dalla loro probabile “nuova” apertura sia per un motivo “scaramantico” (e quindi di per sé ironico) perché scegliere il 20 del 2020 è quanto meno sfidare la sorte.
Certo dovevano fare in fretta… La politica non poteva rischiare che i cittadini fossero chiamati alle urne in un momento privo di contributi e misure pubbliche ancora attive a sostegno della crisi generata dal Covid.
Votare a rubinetti chiusi spaventa tutti, maggioranza e opposizione.
Perché al di là delle argomentazioni usate per propaganda, chiunque abbia il polso della situazione, e la politica dovrebbe averlo, sa che stiamo per entrare in “una valle di lacrime”.
Non lo dico per “cedere alle lusinghe della narrazione a tratti apocalittica (“non stiamo governando col favore delle tenebre”) a tratti terroristica che è stata fatta ma per sottolineare che la REALPOLITIK, anche dopo una pandemia, come obiettivo primario, si preoccupa e si preoccuperà più di assicurare la poltrona alla “propria gente” che di trovare soluzioni al disagio economico, lavorativo e abitativo che dilagherà da ottobre in poi (non che prima del Covid alcuni problemi non ci fossero).

Concedere, dare, distribuire non ha portato bene a questo Paese ma sembra essere l’unica strada che i politici conoscono.
Creare, costruire, condividere dovrebbe essere l’obiettivo di una classe dirigente responsabile.
L’emergenza mondiale invece di affievolire autoconservazione e spartizione dei ruoli e del potere ha ancora di più messo al centro la necessità di conservarsi un ruolo, qualunque esso sia.
A tal proposito faccio un esempio sulla comparsa di ieri di Renzi a Scandicci
Nel post di Italia Viva di ieri
“Matteo Renzi ritorna nel suo collegio Scandicci”
Infatti RITORNA adesso e come sempre per le elezioni, nel solito rituale che lo lega a questa città, per prendere voti.
In ogni caso, e certamente, non torna come Senatore, da rappresentante delle istituzioni,
ma come scrittore visto che è venuto a presentare il proprio libro.
Matteo Renzi è venuto a vendersi e a trasferire investiture “dinastiche” (ognuno dei tre consiglieri di Italia Viva ha già un familiare/congiunto che si è dedicato alla causa renziana)
Non è tornato nel “suo collegio”
Nel suo collegio, sui suoi temi non si è visto né sentito in città.
Comunque il Sindaco c’era quindi a breve, in ottica di coalizione, collaborazione e spartizione delle cariche, qualcuno di Italia Viva andrà in Giunta o male che vada, se si accontentera’ “di poco”, alla Presidenza di Farma.net.
Poco ma sicuro.
Per blindare ora e in futuro la maggioranza, almeno localmente.
D’altronde fino al 26 maggio 2019, a parte le scaramucce interne per darsi reciprocamente un senso dinanzi allo specchio prima che agli elettori, erano “un’unica famiglia” e solo insieme hanno potuto e potranno mantenere il “sistema” cittadino. Altro che la guerra alle destre. Qui l’argine è non rischiare mai un ballottaggio o la poltrona.
Basti pensare che ieri orbitavano in piazza molti PD che non osano lasciare il partito solo per avere un posto alle Regionali ma che amano Renzi visceralmente… Chissà che dispiacere sarà stato non poter essere vicino a Matteo. Ma mi sa la politica richiede sacrifici.
I significati non vanno nascosti anche perché se gli scandiccesi, e i fiorentini in genere, sono contenti è bene che vada così.
È anche vero che i significati non vanno neanche rincorsi o creati dove non ci sono per avere un po’ di popolarità.
Il marketing elettorale è una cosa seria e tutti i politici sperano nell’antico motto “purché se ne parli” e spesso l’orecchio è teso verso ciò che può far presa.
L’antifascismo in primis, la parità di genere in ascesa, passando per la sempre eterna questione ambientale.
Strumentalizzare queste questioni a proprio vantaggio non è corretto ed è perfino pericoloso e controproducente. Si lavora e si agisce per “curare” gli effetti negativi dei veleni…Non si mettono certi argomenti in “piazza” per opportunità.
Ad esempio la mia piena solidarietà va alla Consigliera Regionale Monia Monni per i gravissimi i commenti “sessuali” ricevuti a seguito del suo post in relazione a quanto accadutole in Consiglio Regionale col collega Marco Stella.
La solidarietà dell’#iononstobona è stata subito virale. Sono giorni che ci penso ma davvero non riesco a ritenere che “sta bona” abbia un significato diverso da “stai calma”.
Francamente non credo che se fosse stato un uomo Stella non avrebbe detto “stai bono”.
Non ci vedo una discriminazione di genere.
Ci vedo maleducazione e poco rispetto istituzionale ma ho vissuto di peggio a Scandicci.
Basti ricordare che ancora viene definita Democratica una maggioranza che ha sfilato la tessera e se ne è andata dall’Aula togliendo all’opposizione la possibilità di parlare.
Li lo “state boni” è imposto in maniera definitiva e autoritaria.
Ma per tornare a “sta bona” è ancora più discutibile rispetto al “guinzaglio” e al più famoso “con le palle” che è diventato il pretesto su cui fare nasce il Colore del Rispetto prima come “Associazione” e poi come lista civica.
Inoltre come già mi è accaduto in passato con la Diye Ndiaye che voleva “rispetto” ma che non ha esitato a definirmi una “poco di buono” con la maestra di mio figlio (anche sua dipendente perché all’epoca assessore alla scuola), nella sfilata di chi non ha esitato a “prestare solidarietà” a Monia Monni ho ritrovato alcune persone che pur avendo avuto (o avendo ancora) cariche sulle pari opportunità non solo non hanno mai partecipato attivamente alle iniziative ma non ne hanno promosse di nuove.
Probabilmente bisognerebbe essere più pratici e accorgersi che la battaglia per la parità di genere passa attraverso le politiche e il sostegno quindi tramite un cambiamento di classe dirigente. Quella attuale è misogina e spesso la donna è suffisso “ana” o “ina” di qualcuno. Sia chiaro i suffissi valgono anche per gli uomini ma per le donne si ragiona sempre così.
Anche di Monia Monni ho sentito parlare così.
Prima delle ultime elezioni regionali nel PD si diceva “la partita sarà chiusa quando si troverà la candidata renziana…. stiamo lavorando su Monia Monni”.
Sono passati cinque anni e Monia Monni si è rivelata una persona intelligente e presente.
Addirittura una legge porta il suo nome. Non ha bisogno di pretesti…eppure il marketing pretende esposizione.
Sono convinta che fuori dalla campagna elettorale la stessa scena non avrebbe generato # ma solo un confronto politico. Che Monia Monni avrebbe comunque vinto.
Il linguaggio è un prodotto del pensiero.
Lo si manipola per esigenza.
Sembra che i politici non aspettino altro che diventare martiri o governare in emergenza.
Dovrebbero intanto uscire dal teatrino…E migliorare realmente la realtà
PS. A tutte le persone sensibili e solidali ricordo di sollecitarsi e di sollecitare i propri referenti politici a praticare azioni e non a parlare per il gusto di apparire.
Da fare c’è molto. Ad esempio a Scandicci c’è ancora una donna sottoterra che dovrebbe essere cremata, donna a cui il marito omicida ha tolto la vita e lo Stato l’aldilà. Qualcuna può fare qualcosa? O per allargare il quadro e parlare di altre forme di violenza psicologica ed economica, ribadisco che meno donne torneranno a lavoro un po’ perché saranno le prime ad essere licenziate un po’ perché economicamente sarà convenienza della loro famiglia che stiano a casa, soprattutto se lavorano su turni e se hanno bambini.
Siamo in un Paese che seleziona sulla volontà/possibilità di avere figli come se nascessero in default da un’unica persona (a meno che non sia “ana” o “ina” di qualcosa o di qualcuno)

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