C’è ancora spazio per noi
tra i rottami delle industrie
e le incartapecorite sere di questi tramonti nucleari
C’è ancora spazio
lungo le vie di immondizie
che si squadernano come lievi
cipressi di cartone e lattine e sacchi di cibo
marcio, scontrandosi coi muri della sera
sbriciolati
C’è ancora spazio per noi
tra le sirene delle ambulanze che lampeggiano allupate
in mezzo alle croste dei palazzi che svettano muti
e tra le rotaie, lunghe e bellissime,
color ruggine
C’è ancora spazio
nei container abbandonati lungo gli scali deserti
delle stazioni di periferia
mentre sbuffa una ciminiera solitaria
e una madre chiama il bambino
dal riquadro religioso di una finestra
C’è ancora spazio per noi
e per i morti del cimitero lungo la sopraelevata
incastrati tra la terra e l’acciaio delle antenne
Un piccolo spazio
di fame silenziosa, tra l’asfalto gemmato dalla bruma
e la luna, che s’inabissa
tra i tetti
nella schiena delle case