Il dibattito sul Regolamento Urbanistico di Scandicci è stato un percorso faticoso e pieno di insidie. Il gruppo misto, nella sua quota di minoranza, si è battuto, vincendo, per evitare che fosse presentato il cambio di destinazione nella zona denominata Ex Margheri – un’area inclusa nel processo partecipativo della Ex Lupi di Toscana e attualmente di proprietà di una multinazionale nel settore della grande distribuzione.
Nella fase delle osservazioni, però, ci siamo di nuovo trovate di fronte a situazioni quantomeno bizzarre. Dalle richieste di “velocizzazione” dell’approvazione del piano strutturale entro l’anno con tanto di raccomandazioni ai tecnici pubblici e privati (convocati in una riunione apposita), all’esplicitazione di pareri politici che sembrano essere più cambiali sulle prossime elezioni amministrative, che scelte sulla città e per la città. Come notato dai cittadini, inoltre, si è registrato un disinteresse totale per gli indirizzi offerti e votati dal consiglio comunale (come è accaduto per i luoghi del commiato).
La nostra visione dell’urbanistica è diversa. Per noi esistono funzioni che la regia pubblica deve organizzare.
Questa classe politica improvvisata, vulnerabile e in confusione ha invece subito tanto l’azione dei privati, quanto le controreazioni dei cittadini, delegando anche le scelte pubbliche al comparto tecnico e contribuendo a proporre e presentare una visione del mondo iniqua, uno spazio “di nicchia per i fortunati” e le periferie come il luogo su cui scontare quanto necessario al “centro privilegiato”.
A seguito delle ultime vicende in città non possiamo che lanciare una provocazione che a nostro avviso sembra comunque essere l’unica soluzione ancora auspicabile.
Se l’Humanitas ha esigenza di cambiare sede, se a Scandicci, per fortuna, ci sono degli imprenditori che hanno la capacità economica e la volontà di restituire qualcosa al proprio territorio (vedi vendita parte privata della Badia), sarebbe opportuno unire le forze oltre che le esigenze e urbanizzare le zone ancora sprovviste di servizi in città (come Vingone e per l’appunto l’area ex Margheri).
Tutti (l’amministrazione, gli imprenditori privati e i cittadini) devono partecipare all’operazione di costruzione di un senso identitario diffuso, che riguardi la città e in questo momento magari riguardi la salute e il benessere (parliamo quindi di servizi sanitari, di aree sportive al chiuso e all’aperto, di luoghi di commiato, di spazi per le associazioni e le farmacie comunali, di luoghi di formazione e che possano andare incontro alle esigenze delle start up).
Ci sentiamo soddisfatte per l’impegno e per il coraggio con cui abbiamo affrontato questo percorso. Abbiamo “proposto” alternative partendo dalla nostre idee di valore, di comunità e di città. Perché l’urbanistica deve tendere ad aumentare il benessere dei cittadini, e non deve essere adoperata come metodo per misurare le proprie aspettative di consenso.