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Partito Democratico Scandicci

Declino e caduta dell’impero PD a Scandicci

Cronistoria del declino del PD a Scandicci in 10 punti: un articolo di Chiara De Lucia

Ultimo aggiornamento: 24 Dicembre 2018 by Redazione

PD di Scandicci: storia del declino del Partito Democratico
L’articolo apparso il 23 dicembre su La Nazione

Ci risiamo. Anche se ero riuscita a non tormentarmi più con certi argomenti del passato, all’improvviso mi ritrovo a dovermi rioccupare del Partito Democratico, date le macroscopiche falsificazioni della realtà in cui si sta producendo. Della mistificazione intrinseca nella levata di scudi in difesa dell’Assessora Diye Ndiaye presunta vittima di un’aggressione sessista che mai ha avuto luogo e dell’utilizzo della fascia tricolore istituzionale da parte della medesima per una campagna pubblicitaria privata ho già detto e non torno a ripetermi. È però necessario a questo punto fare una breve analisi storica del fallimentare percorso del PD di Scandicci che ci ha portato dove siamo oggi. Non avrei voglia di scriverne, ma so che squarciare il velo d’ipocrisia è vitale per la nostra città. Come è vitale un approccio critico ai giganteschi problemi del centro-sinistra a cui comunque io appartengo, come testimoniano – qualora ce ne fosse bisogno – le mie attività di queste ultime settimane in sinergia con l’Onorevole Boccia, candidato proprio alla Segreteria nazionale del Partito Democratico.

Primarie 2014

C’era una volta nel 2013 la trepidante città di Scandicci in attesa delle Primarie del 9 marzo 2014. Concorrevano in tre: Sandro Fallani (Assessore in carica), Marco Gamannossi (Assessore nell’ormai fu provincia di Firenze) e Mario Pacinotti (Presidente Humanitas). Competizione pesante, pesantissima: per fortuna che si era fra amici, altrimenti chissà dove si sarebbe potuti arrivare!

Il Segretario Daniele Lanini, offeso e risentito per non essere stato individuato come un papabile, ha condotto malissimo la fase delle primarie, accettando molti strappi alla regola (dall’insufficiente numero di firme presentate, alla violazione del divieto di usare mezzi di trasporto) e fomentando acredine fra candidati, iscritti e simpatizzanti.
Gamannossi era il più quotato anche perché più stimato per la sua conoscenza tanto del territorio quanto della macchina amministrativa. Pacinotti, di rito renziano, era il più giovane ma il suo gruppo era compatto e si dava molto da fare. Fallani si presentava come il baluardo di un Partito Democratico aperto al confronto, alla partecipazione, alla cittadinanza attiva, inoltre era già Assessore di scuola, sociale e sport.

Il tocco di classe però il Fallani l’ha giocato fuori dal suo partito creando un’associazione (Scandicci Fare Comune) a sostegno della sua candidatura con l’ausilio sia del suo collega di partito e di giunta Giorgi (attuale Vicesindaco) sia della dottoressa Sereni (all’epoca Presidente dell’associazione Melarancia, con cui il Comune ha molto collaborato negli anni, e attuale portavoce del Sindaco).

Un fratricidio per di più giocato in maniera sleale e alquanto discutibile.

Certo tutto il “popolo delle primarie” – perché pensare che abbia votato solo il centrosinistra è riduttivo – si è mobilitato, e anche sulla scia di un super Matteo Renzi le primarie sono state un successo tanto grande quanto profonda (e pericolosa) è stata la spaccatura dei mondi interni.
Fallani ha vinto con le sue sciarpe arancioni per soli 46 voti su Gamannossi.

Associazione Scandicci Fare Comune e lista civica Fare Comune

L’associazione Scandicci Fare Comune è nata a ridosso del voto nel luglio del 2013 producendosi in un ciclo di incontri a sostegno del candidato Fallani. Volti nuovi, tante persone che mai avevano fatto politica. Un modo per unirsi in una compagine che ampliava il centrosinistra in un orizzonte più aperto di quello del Partito Democratico.

Successivamente trasformata in una lista civica di maggioranza, dell’associazione come era prevedibile non è rimasta traccia dopo le elezioni.

Composizione delle liste

Posso collocare già al 9 marzo 2014 la fine della rivoluzione fallaniana, anche se i sospetti sono diventati prove solo a giugno con la nomina di una Giunta di persone che nulla avevano avuto a che fare con il percorso del Fallani e che anzi tanto lo avevano criticato e osteggiato. È iniziata una spartizione di posti tra le due liste: quella politica (Partito Democratico) e quella civica (Scandicci Fare Comune). Quelli candidati col PD avevano il compito di cambiare il partito da dentro e restituirlo alla gente. Quelli candidati in Scandicci Fare Comune avevano il compito di costruire un nuovo partito del centrosinistra che avrebbe dovuto battere il PD, qualora non fosse cambiato, nel 2019. Ma poi abbinamenti, caffè e sotterfugi suggerivano mosse diverse, tant’è che spesso durante la campagna elettorale ci sono stati momenti di tensione. Eppure la città era partecipe, a volte incuriosita a volte annoiata, di queste dinamiche poco serie e poco utili, e assuefatta anche dalla passerella della Bonafè e della Boschi, oltre che dal fascino di un PD decisionista e governativo. Così Fallani ha ottenuto il 72%, ma nel giro di poche ore ebbe luogo la tempesta.

Composizione della Giunta

La nomina della Giunta è avvenuta in maniera efficiente per alcuni, frettolosa per altri. Ma, se già la tempistica è stata “particolare”, le nomine fatte sono state ancora più stupefacenti. Il teatro dell’assurdo si è consumato praticamente in diretta con l’ufficializzazione delle cariche e la conseguente presa di coscienza di molti di essere stati “usati”, parti di un gioco più grande e per nulla trasparente. Di qui la cosiddetta “riunione degli schiaffi” fra le sciarpe arancioni e il loro sindaco. Accuse pesanti, primi abbandoni importanti, disillusione, caos da un lato e dall’altro, un irriconoscibile Fallani intento a chiedere scusa e a ribadire il bisogno di fiducia nelle sue scelte.

Non era ancora passata una settimana dalle elezioni che il sogno era già finito, senza neanche una breve luna di miele.

Elezioni alla bocciofila di un nuovo Segretario

Nel frattempo il Partito Democratico è in preda a lotte intestine che ancora oggi, a distanza di quattro anni, non solo non sono state superate ma si sono esasperate. Le “correnti” sono evidenti. Non si riuniscono più nei luoghi “classici e comuni”, ma iniziano a scegliere uffici, case, fino ad arrivare alla riunione della bocciofila.
Lanini era stato eletto Presidente del Consiglio, carica non compatibile con la funzione di Segretario del partito di maggioranza. Non avendo presentato volontariamente le sue dimissioni a ottobre, viene lanciato da “alte stanze” della città un “complotto per la sfiducia al segretario”. L’astio è diventato guerra quando Lanini ha annunciato non le sue dimissioni, ma un cambio di Segreteria senza avvertire i diretti interessati con congruo anticipo e lanciando “il guanto” alla corrente renziana e quindi pacinottiana. In meno di un mese e durante le vacanze di Natale (un classicone per gli agguati nel e del Partito Democratico) con una mozione sottoscritta da diversi iscritti alla bocciofila si invitava caldamente il Lanini a dimettersi per fare spazio al nuovo segretario Fausto Merlotti, suo predecessore nella Presidenza del Consiglio Comunale.

Rapporto con l’opposizione interna

L’elezione del Merlotti è stata l’inizio della fine. Gruppettini spavaldi contro sfigati. Decisioni prese senza sapere davvero per conto di chi e dove. Chiacchiere su chiacchiere fuori dai luoghi deputati e silenzio per il resto. Notizie scoperte sui giornali di cui si era all’oscuro. Una crescente distanza di vedute su argomenti e comportamenti. Derisione e spocchia ovunque. Come se il 72% stabilisse un diritto a comportarsi male e con arroganza. La vicinanza al Sole del renzismo ha fatto il resto. Rancori e piccole grandi vendette tra le “truppe cammellate” e i “gufi” diventate di dominio pubblico durante le regionali del 2015.

Un altro grande sbaglio: contrapporre la corrente al territorio. Presentare i candidati ma soprattutto le candidate per la loro appartenenza prima che per la loro storia. Definirle tramite suffissi. Sacrificare il merito all’appartenenza. Ecco la classe dirigente del Partito Democratico di Scandicci a conduzione Lanini, Fallani e Merlotti.

Livello del Consiglio Comunale

Questo clima non può che generare una totale mancanza di formazione e quindi di comprensione dei Consiglieri Comunali che vengono “informati delle cose da votare”. La preparazione al gruppo è praticamente un dettato più che un confronto politico. Oltre ai ritardi, alle assenze, alle continue sostituzioni, c’è stato un silenzio imbarazzante nel dibattito pubblico. Non c’è stata nessuna volontà di condividere o insegnare, solo quella “di portare a casa delibere e mozioni”. Una classe dirigente poco lungimirante, che tende a incassare, a consumare, a sfruttare le idee senza valorizzare nessuno. Spesso infatti l’intera Giunta Fallani si è impossessata dei meriti altrui, in una narrazione che puntualmente è stata smentita. Invece numerose sono state le “grane” con cui la Giunta ha gravato il Consiglio; per citarne solo alcune: P.EP, Unica, PIP, contributi del Sindaco, Ex CNR, camere ardenti, moschea, area ex Margheri e discussione sul Regolamento Urbanistico.

Referendum costituzionale

Ma in questi anni la questione delle questioni è stata il Referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Uno spartiacque valoriale che andava evitato e che ci ha condotti direttamente al Governo attuale. Una campagna che ha investito, in tutti i sensi, tanto il partito quanto l’amministrazione. Dapprima arroganti e trionfanti, i renziani sono diventati sempre più sprezzanti e vendicativi: cattiverie, minacce, prese di posizione che definirei quantomeno pericolose. I sindaci di zona, compreso il Fallani, hanno firmato l’adesione al SI nell’esercizio delle proprie funzioni, magari per avere in cambio qualche concessione economica sul territorio. Atteggiamento irrispettoso e pericoloso perché l’istituzione deve sopravvivere e non può essere compromessa con scelte di parte, essa riguarda i cittadini tutti.

Il rapporto con l’ANPI, l’accostamento con CasaPound, il comportamento durante le celebrazioni del 25 aprile 2016 descrivono un modo di operare poco lungimirante da parte degli organi dirigenti politici e amministrativi. La strategia, suggerita da quello stratega dell’allora segretario regionale Parrini, era di far di tutto per strappare i SI, ché tanto poi il rapporto sul territorio con chi votava NO comunque si sarebbe ricompattato per le amministrative, pena lo spettro della destra e ché tanto nella peggiore delle ipotesi si sarebbe perso solo quel 5% di gufi.

Elezioni presidente del Consiglio e uscita dal PD e dalla maggioranza

Come se non fosse bastata la campagna referendaria a incendiare gli animi, ecco che torna in scena il Lanini con le sue incompatibilità e le sue dimissioni, questa volta da Presidente del Consiglio. Il finimondo.

L’attuale Presidente del Consiglio Comunale Simone Pedullà viene indicato come candidato della maggioranza dopo una votazione finita 8 a 8 fra lui e l’allora capogruppo Babazzi (attualmente gruppo misto quota maggioranza); la votazione fu decisa dal voto del Sindaco (anche Consigliere).

Inutile dire che le donne non sono state neanche prese in considerazione.

Di qui le dimissioni da capogruppo del Babazzi (e la nomina pro tempore di Alexander Marchi data l’indisponibilità del resto del gruppo) e mie dalla Presidenza delle Pari Opportunità.
Dopo sei mesi circa, tre consiglieri comunali (Babazzi, Bambi e io), insieme ad altre 15 persone, sono usciti dal Partito Democratico. Dopo circa un anno a seguito del confronto sul programma c’è stato poi il passaggio in minoranza della Bambi e mio.

La vicenda del Leroy Merlin ha definitivamente segnato una spaccatura perché ha mostrato un’Amministrazione debole di fronte alle sfide della città. Il cambio di destinazione per l’area ex Margheri, annunciato nella presentazione della variazione dal Sindaco e dal Vicesindaco il 22 gennaio 2018, alla fine non è stato approvato. La questione però non è chiusa ma solo rimandata, e non c’è stata ancora risposta alle mie continue domande sul punto.

Pd attuale e ricanditura del Fallani

Lo stato del Partito Democratico un po’ ovunque, e in particolare in Toscana, è sotto gli occhi di tutti. Quanto avvenuto non è una sorpresa: perseverare nell’errore significa distruggersi, e probabilmente quello è l’obiettivo di alcuni.

L’incompetenza prima e le divisioni poi hanno frantumato una comunità che era sana, aperta e che meritava certamente di più. Una riflessione seria sulla geopolitica a tutti i livelli dovrebbe comportare le dimissioni di un’intera classe dirigente.

Ricandidare Sandro Fallani e tutto il resto della classe dirigente attuale (Giunta o Segreteria politica) è un errore perché si è già perso troppo tempo. Se su ogni questione il riassunto è che o sono incompetenti o sono in mala fede, non ci sono dubbi sulla necessità che questi attori politici non giochino con Scandicci in un momento così delicato del suo sviluppo.

Dimissioni, lo ripeto, di un’intera classe dirigente responsabile di inerzia e scarsa lungimiranza: un gesto del genere sarebbe doveroso, e invece senza primarie di coalizione, senza reale discussione interna, senza la convinzione di moltissimi, si va ancora “dritto per dritto” su Sandro Fallani.

Perché? Per lo stesso motivo per cui si elegge Simona Bonafè (con evidenti mire verso la Presidenza della Regione Toscana) come immagine del Partito che ha capito e si rinnova. Muoia Sansone con tutti i filistei: basta conservare le sedie.

Come se non bastasse, si crea un’ulteriore scissione fra renziani ortodossi (Lotti/Boschi) e eterodossi (Monni, che a seguito di questi episodi ha creato Radio Londra, e le altre minoranze interne). Dopo aver deciso all’unanimità di nominare la Bonafè, è ventilata un’ipotesi di doppia lista a sostegno della candidatura per riposizionare le bandierine all’interno delle segreterie che decideranno per le prossime amministrative.

Questa divisione è stata sventata con l’accordo, di cui la Bonafè era garante, di bilanciare nelle liste prima e nella segreteria e negli altri organi decisionali poi, la presenza delle diverse anime. All’ultimo momento il colpo di scena. Gli ortodossi depennano tutti gli eterodossi, che scalpitano e strepitano, ma che per ora sono ancora comodi lì a capire dove sta la convenienza.

Ormai è tardi per fermare il declino.

Chiara De Lucia

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Il percorso de L’aria che mancava

Il tè delle cinque presso il bar la Bussola – 20/09/18 – ore 18

Ultimo aggiornamento: 21 Settembre 2018 by Redazione

Discorso introduttivo di Chiara De Lucia

Iniziamo intanto ringraziandovi per la vostra presenza e quindi per l’occasione che ci date per poter parlare della nostra città.
Credo sia doveroso però – prima di dare la parola alla consigliera Bambi – togliere ogni dubbio sul motivo per il quale ci troviamo qui oggi. [Read more…] about Il percorso de L’aria che mancava

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